Buon compleanno all’arte contemporanea napoletana   

C’è un errore che è il peggiore di tutti: perseverare negli errori. Il primo compleanno del Museo d’Arte Donna Regina, il Madre, ne evidenzia alcuni, insieme alla perseveranza. Sarebbe piacevole immaginare di avere ascolto su questi temi, ma spesso prevale il dubbio, in chi ascolta, che la critica possa essere distruttiva, invece che costruttiva e ispirata dalla volontà di un successo comune.
E il successo a cui vorremmo tendere è quello del faticoso e decennale progetto per Napoli capitale dell’arte, polo d’attrazione internazionale e trampolino di lancio per giovani talenti nostrani da far conoscere, e collezionare, anche all’estero. Ma così non accade e non potrà accadere, se si continua a perseverare nel monoteismo verso l’alma onnipotente di Edoardo Cycelin, a cui qualcuno sembra guardare come unica vera forte garanzia per i propri interessi. Sembrano schiacciati, anche dalle statistiche, lacunose e faziose, le realtà culturali napoletane e campane: il Madre e il Museo Archeologico sarebbero i luoghi di massima attrazione dell’arte napoletana, e basta. Non esistono le gallerie private, non esistono Capodimonte e Castel Sant’Elmo, non esiste il PAN, il Palazzo delle Arti, e Padula sembra un lontano ricordo, un po’ come il maggio dei monumenti di buona memoria. Se al Palazzo delle Arti di Napoli sembra essere ormai calpestato il direttore Lóránd Hegyi, eccelsa risorsa ormai palesemente immeritata, schiacciato dalla veemenza burocrate del centro di documentazione, non sembra che la cappa asfittica abbia risparmiato l’adulato Achille Bonito Oliva, che non sembra riuscire a segnare in modo significativo le esperienze campane, soffocato dal dominio da impero che s’aggira nel palazzo. Qualcuno si dovrebbe accorgere che stiamo esponendo il putto orinante nella fontana, posta volgarmente nell’atrio al coperto della villetta pacchiana in cemento armato, simbolo del peggiore provincialismo. Che chiamiamo a fare importanti nomi dall’estero, includendo anche Roma oltre confine, se poi lasciamo che questi vengano oppressi dall’avanzata cieca e sterile di progetti sostenuti solo dall’obbligo imposto alle guide di fare un salto a vedere quel luogo invece di quell’altro? La soluzione, tutta in mano ad Antonio Bassolino, potrebbe essere in un nuovo e convinto mandato a due assessorati alla cultura ancora da assegnare, purché poi lasciati responsabilmente e autonomamente liberi di agire: quello della Regione, tenuto eternamente ad interim, e quello prossimo da affidare per il Comune di Napoli.

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