Certificare i certificatori   

Il 28 gennaio scorso, al termine di un lungo periodo di sperimentazione, il Governo ha approvato lo schema di Dpr concernente il regolamento per l’utilizzo della posta elettronica certificata, pubblicato sul sito internet del Cnipa. Regolamento che prefigura una rivoluzione significativa del sistema di comunicazione del nostro paese, materializzando una reale innovazione che comporterà ampi riflessi sul modo di lavorare, specie della Pubblica amministrazione. Come tutte le cose nuove comporta, e comporterà, una serie di problemi e difficoltà che potranno essere valutate sul campo, anche se un primo difetto del regolamento viene già segnalato. Infatti, con una lettera al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, e per conoscenza ai ministri per le Telecomunicazioni, per l’Innovazione e la tecnologia, unitamente al dipartimento per la Funzione pubblica e all’autorità garante della concorrenza e del mercato, le principali associazioni italiane dei provider internet hanno sollevato una articolata protesta. A firma di Paolo Nuti, presidente dell’Aiip, e di Matteo Fici, presidente Assoprovider, la lettera invita a riconoscere lo sforzo di sperimentazione sostenuto dai provider coinvolti, chiedendo la riduzione del limite minimo di un milione di euro di capitale sociale, imposto alle società di fornitura di servizi su internet per potersi qualificare come in grado di esercitare il servizio di posta elettronica certificata. Secondo Nuti e Fici “i limiti minimi di capitale sociale non sono una misura efficace, e solo una seria attività di controllo, basata su regole e modalità stringenti, può tutelare cittadini ed imprese rispetto alla fornitura di un servizio così delicato”. Anche in considerazione del fatto che questo limite minerà la stessa sopravvivenza di oltre 1.500 imprese del settore, a cui afferiscono non meno di 20.000 addetti. Le due importanti associazioni muovono poi critiche rispetto alla formulazione tecnica dello schema, nonostante abbiano fornito indicazioni durante i lavori congiunti, svoltisi per arrivare alla sua definizione. Come purtroppo spesso accade in queste situazioni, il nemico numero uno diviene sempre la Telecom Italia, accusata di acquisire sempre più maggiori fette di mercato, a danno della libera concorrenza. Dimenticando che proprio Telecom Italia è costretta da regole inique che le impongono di offrire, a prezzi calmierati, i servizi intermedi tra provider e utenza finale. Sebbene la difesa degli interessi dei piccoli imprenditori sia sacrosanta, lo è altrettanto il diritto degli utenti di vedersi offrire un servizio di elevata qualità e affidabilità, che richiede spesso investimenti non esigui. Ma gli strumenti a disposizione del legislatore per imporre qualità e validità dei servizi, specie in settori innovativi, non sono molti. Nei mesi a venire ci troveremo spesso di fronte a parametri automatici di valutazione che, seppur iniqui, sono spesso l’unico deterrente all’improvvisazione e alla frode. Generando un disagio per chi non sosterrà questi parametri, ponendolo al di fuori di quel mercato. Iniziando a divenire indispensabile una autorithy garante della capacità tecnologica, al servizio dei grandi e dei piccoli imprenditori Ict.