Le imprese grandi assenti nel mondo dell’istruzione   

Non può passare inosservato che nelle sezioni presentate nella home page internet del ministero della Pubblica istruzione siano presenti solo, nell’ordine, studenti, famiglie, personale e amministrazione. E’ evidente l’assenza del soggetto più interessato affinché la scuola produca persone dotate di ampio senso critico e capacità di analisi, che solo cultura e istruzione forniscono, ma anche persone pronte ad affrontare quanto prima il mondo del lavoro. E’ infatti la voce “lavoro” o “imprese” che ci sembra mancare nel panorama che presenta di se il Ministero. Mancano palesemente quei legami con la pratica quotidiana che ogni studente si troverà davanti quando acquisirà, dopo quello dell’istruzione, il successivo diritto al lavoro. E si comprende come mai i nostri ragazzi usciti dalle scuole, ma anche dalle università, non avranno vita facile, costretti a periodi di sofferenza economica durante i primi tentativi di acquisire righe nei curricula. Passando sotto il giogo spesso applicato del vero e proprio sfruttamento, mascherato da stage, tirocinio o apprendistato, quando non vero e proprio lavoro nero. Se invece si attuasse una maggiore interscambio tra le esigenze formative espresse dalle imprese, in maniera specifica territorio per territorio, si aprirebbero scenari nuovi fondamentali anche per lo sviluppo del paese. E’ necessario dar modo al mondo datoriale di incidere sui programmi scolastici, correggendo e riempiendo quelle lacune ormai troppo profonde, che disegnano un cultural divide che continua a far vivere diverse opportunità in funzione dell’ambiente familiare e delle conoscenze personali, talvolta nepotiste, che rimangono l’unica vera via di collocamento lavorativo. Senza un impegno comune delle associazioni di imprenditori e professionisti e dei sindacati insieme alle entità scolastiche di ogni territorio, non si potrà sperare nella creazione di quel vantaggio competitivo che tanto occorre al Paese. Uno sforzo che dovrà anche disegnare quella strada della formazione professionale affidata alle Regioni, che potrebbero disegnare la strada di buone pratiche da replicare anche nelle scuole. Di ogni ordine e grado, perché il lavoro, l’impresa, sono concetti che arrivano troppo tardi alla capacità di comprensione dei giovani e dei piccoli, che invece sono figli di quei genitori purtroppo sempre meno presenti proprio perché costretti dal lavoro a rimanere fuori casa èiù dei propri figli. Come si può sperare che l’orientamento negli studi, la formazione professionale e universitaria, realmente sposino le istanze più profonde dei nostri ragazzi, se l’impresa rimane ancora così esterna al mondo dell’istruzione? Nessuno si lamenti se poi i modelli di riferimento rimangono quelli della televisione spazzatura o quelli dettati da tanto diffuso disagio giovanile; senza imprese gli studenti saranno ancora più soli.