Il fosforo di Falluja e la corretta informazione   

E’ il 25 settembre quando “il Manifesto” pubblica un’intervista a Jymmy Massey, con un banale errore nel nome (Jymmy invece di Jimmy),in cui l’ex marine americano accusa i propri commilitoni di avere usato il fosforo come arma contro civili. Jimmy Massey è noto alle cronache, specie americane, come militare reso instabile dalle azioni cruente di guerra e particolarmente attivo nel gettare fango sulle istituzioni militari americane. Dopo quasi un anno dalla documentata intervista del Manifesto, realizzata da Patrizia Lombroso, RaiNews24 in questi giorni manda in onda un servizio con alcuni filmati che mostrano immagini orribili di corpi bruciati e di un lancio notturno di proiettili incendiari da alcuni elicotteri, indicando come Falluja la città bombardata.A questo punto si scatena un putiferio: RaiNews24 manda in onda continui servizi tesi a rafforzare la tesi dell’inchiesta, spesso associati a varie notizie di richieste di ritiro delle truppe italiane dall’Iraq.Sebbene il martellamento autoreferenziale stia producendo un rimbalzo della notizia, il direttore di RaiNews24 si è domandato, in un recente editoriale, come mai i media nazionali non prestino tanta attenzione alla notizia. La risposta è semplice, quanto banale: in Iraq non è successo nulla. Ovvero, se in una zona di guerra alcuni militari impazziscono, torturando detenuti, sparando su feriti, modificando razzi illuminanti al fosforo, questo non significa che una guerra sia giusta o meno. Non significa che si debbano ritirare le nostre truppe, specie quando il governo democraticamente eletto di un paese in cui siamo presenti con scopi umanitari, come in Kossovo o in Afghanistan, ci richiede di continuare a prestare servizio.L’auspicio legittimo che in Iraq si insedi una forza multinazionale di pace inviata dall’Onu è minato da campagne di disinformazione che troppo ricordano le posizioni dell’estrema sinistra antagonista. Il tutto creando uno squilibrio informativo che non potrà essere ripreso dal sistema dell’informazione giornalistica, che deve evitare di divenire megafono di campagne partigiane basate su notizie non ancora certe.