La filiera tessile sotto attacco: quanto incide l’evasore cinese   

Uno degli aspetti politici della nuova finanziaria, su cui tutti possono concordare, è il continuo richiamo al recupero di denaro che deriverebbe dalle misure tese a combattere l’evasione fiscale. Non si può certo dubitare della buona fede con cui viene impostato l’argomento, che parte dalle stesse premesse con cui un tempo si eliminarono balzelli e multe vergognose, che portarono alla cancellazione delle multe che si facevano, per esempio, sulle bolle di trasporto, poi divenute Ddt, se ad esempio si dimenticava di porre lo zero davanti alla cifra del mese o del giorno.
Sulla scorta di fortissime spinte in tal senso, comprese quelle relative all’emersione dal nero, un settore che dagli anni ottanta in poi ha rinunciato alla marginalità aggiuntiva derivante dall’evasione è stato il comparto tessile in Campania, cominciando dalle numerose aziende della zona di San Giuseppe Vesuviano. Un lento percorso che ha spinto queste aziende su strade che comportavano un miglior controllo di gestione fino ad una diversa relazione con gli artigiani locali, i cosiddetti façonisti, che provvedevano all’assemblaggio delle parti che compongono un capo. Poi, come ci si ricorda, fu il periodo dei cinesi nei garage, lentamente abbandonati quando diveniva chiaro che erano li per imparare l’arte e metterla da parte. I tempi sono cambiati, il tessile è diventato un distretto, una filiera. Ma gli sforzi e gli investimenti degli imprenditori locali sembrano essere ormai stati traditi, quasi in modo definitivo. Non solo per il fatto che non esiste alcuna misura seria a sostegno della formazione di nuovi façonisti, lasciando che i pochi esistenti possano concedersi di richiedere lavorazioni semplici, a discapito della creatività e dell’originalità. Ma soprattutto è gravissimo che si consenta, come anche documentato da servizi giornalistici televisivi recenti, a grandi centri commerciali per l’ingrosso, totalmente destinati ai cinesi, di comportarsi in un modo che rappresenta un vero sfregio al paese che li ospita, vendendo esclusivamente a nero, con documentazioni fiscali false o inesistenti, alimentando poi comportamenti analoghi anche nelle zone metropolitane, a Napoli come a Roma, in cui pervasivamente acquisiscono esercizi commerciali al dettaglio. Favoriti da un porto colabrodo nei controlli, che continua ad avere enormi difficoltà nell’accertare il contenuto dei container, che entrano spesso stracolmi di merci ed esseri umani, lasciando invece uscire i defunti cinesi di cui continua a mancare traccia in qualsiasi certificazione medica legale. Come dare fiducia alla volontà di combattere l’evasione, quando tutto rimane intoccato, con una inedia così criminale? E a chi giova questo stato di cose, alla camorra o alla politica?