Cose nostre   

Caro direttore, la mafia in Italia opera su proventi così elevati da poter azzerare il deficit dello Stato in un solo anno. Si deve partire da questa constatazione se, a dodici anni dalla scomparsa di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, sembra non solo che non sia accaduto nulla, ma che il tono della battaglia dello Stato contro la malavita organizzata si sia azzerato. E’ interessante l’analisi che produce Giorgio Bongiovanni, direttore della rivista AntimafiaDuemila, per spiegare la scelta di attentare contro i due giudici del pool antimafia. In gran sintesi, queste morti servono a ricomporre, secondo Bongiovanni, un clima di trattativa e accordo tra Stato e mafia, rappresentata dal signore incontrastato della cupola, Bernardo Provenzano, che pur di riformare un clima antico di rispetto e connivenza, nonché di attenuare i toni del conflitto, che giunse a livelli insperati grazie alle innate capacità di Falcone di piegare il sistema omertoso, lascia che gli stragisti, come Brusca e Riina, vengano individuati ed arrestati. L’obbiettivo primo della Nuova Cosa Nostra è quello di abrogare il 41bis, passando per la distruzione di Andreotti e Martelli, visti come traditori, adducendo a questo clima anche l’uccisione di Lima e la pubblicazione milanese delle carte che conducono all’arresto di Chiesa, atto che dà la stura a tangentopoli. A dodici anni da allora dobbiamo assistere al modo con cui si sta gestendo il caso Cuffaro in Sicilia, almeno come appaiono dalle intercettazioni rese note in questi giorni. Assistiamo al declassamento ottenuto da ventitrè detenuti passati, nell’ultimo anno, dal regime restrittivo del 41bis a quello normale, insieme alla straordinaria lentezza con cui viene riassegnato il patrimonio, confiscato ai mafiosi, al riutilizzo nel sociale. Il clima di questi giorni è quello del sostanziale silenzio con cui si sono commemorati Falcone e Borsellino, dei cui omicidi i mandanti restano ancora occulti. E’ quello che permette che l’attentato ricevuto dalla Coop. Libera, con l’incendio del campo di grano confiscato ai mafiosi, occupi qualche spalla e qualche trafiletto, e non il meritato titolo in prima pagina.Sarà dura immaginare lo sviluppo industriale e produttivo nei prossimi anni, se lo scenario è quello di uno spostamento oggettivo delle capacità di investimento sempre più nelle mani della malavita organizzata, mani oggi più colte ed esperte, con nuove generazioni mafiose laureate nelle migliori università, munite di colletti così bianchi da non macchiarsi più di sangue, non direttamente almeno. Sarebbero necessarie e semplici alcune misure di accesso ai flussi bancari, un maggior potere di accertamento patrimoniale nelle mani dei giudici; ma se continuano ad arenarsi i processi su mafia e politica a Palermo, quale futuro ci attende?