Applausi a Spinosa   

Caro direttore, riconoscere il valore di un uomo come Nicola Spinosa, soprintendente al polo museale napoletano, è cosa che mette soggezione. E’ però giunto il momento che molti di noi gli esprimano la profonda gratitudine per l’impegno, non solo culturale ma anche civico e morale, con cui svolge appassionatamente il proprio lavoro. Il grande risultato dell’impegnativa mostra “L’ultimo Caravaggio”, promossa dalla Soprintendenza con la collaborazione dell’assessorato alla cultura del comune di Napoli retto da Rachele Furfaro, non è solo quello di vedere insieme più di un terzo delle opere del grande artista, temporalmente collocate alla fine della sua attività, ma la passione e l’energia con cui Spinosa riesce a realizzare questi progetti di respiro internazionale. E’ il valore riconosciuto alle sue capacità, se riesce a circondarsi di nomi come quelli di David Jaffé, Keith Christiansen, Denis Mahon, insieme a Ferdinando Bologna, Mina Gregori e Claudio Strinati. Spinosa, che dedica la mostra simbolicamente a Raffaello Causa, sa commuoverci nel calore e nella veemenza con cui riesce a trasmetterci la soddisfazione dopo molti sforzi tecnici e organizzativi. Come la promessa, ad esempio, al Pio Monte di Misericordia di restaurare l’intera chiesa in cambio del prestito de “Le opere di misericordia” del 1606, prima opera napoletana del Caravaggio, il cui restauro è stato reso possibile grazie al contributo dell’Unione degli Industriali di Napoli. Lo spirito con cui il nostro soprintendente lavora quotidianamente per raggiungere l’obiettivo, spesso riuscito, di portare flussi di persone a fruire dell’arte, classica o contemporanea che sia, è quello di un esperto appassionato che sa essere, quando deve, anche duro e incisivo. Da parte di tutti il vero ringraziamento sarebbe quello di ascoltarlo quando parla degli altri luoghi d’arte napoletani, come nell’ultima intervista rilasciata a Titti Marrone de “Il Mattino”, in cui ribadisce le sue critiche condivisibili al cattivo uso di Palazzo Reale, Piazza Plebiscito e del Museo Archeologico e alle inefficaci azioni per rendere più raggiungibile non solo Capodimonte ma anche Castel Sant’Elmo e San Martino che sono i luoghi dove da vent’anni si fanno le mostre più importanti d’Italia. Effettivamente Palazzo Reale potrebbe avere milioni di spettatori con mostre di questo livello, impedite da problemi di sicurezza e climatizzazione risolvibili, mentre al Museo Archeologico, come Spinosa afferma “senza capire a che titolo”, nelle uniche sale restaurate si tengono eventi che non lasciano niente dietro di sé. Urge che a Spinosa si dia spazio e ascolto in modo diverso che in passato, iniziando a dimostrare la capacità di saper riconoscere errori di governo e dimostrando capacità di crescita intellettuale. “Altrimenti non ci resta che trarre una conclusione: non è cambiato nulla dai tempi di Caravaggio. Perché i contrasti, le contraddizioni, le violenze che i napoletani subiscono e fanno, dopo quattro secoli, sono ancora tutti qui, come ai tempi in cui il pittore fu ferito in una rissa nella Taverna del Cerriglio”