L'eutanasia, dolce morte: pratica da regolamentare   

In questi giorni si è riaperto il dibattito su una pratica effettuata in tutto il mondo, con o senza leggi che la regolamentino: l’eutanasia. In Italia, Paese in cui il Vaticano tenta continuamente di influenzare le scelte legislative in modo estremamente recrudescente negli ultimi anni, la questione è stata sempre posta in modo errato, tentando di distinguere rispetto al diritto di un uomo di dare fine ad una vita, cosa che nessuno approverebbe, rispetto alla volontà di un malato terminale di anticipare, spesso di poco, la lenta agonia in cui viene gettato. In realtà, però, in Italia l’eutanasia è largamente diffusa, specie quella “passiva”, dove cioè si cessa di compiere atti che portino al prolungamento della funzionalità fisica solo grazie ad interventi esterni. Spesso a soggetti ormai destinati dal degrado delle funzionalità cerebrali, a somigliare tristemente a semplici vegetali. Molti tra i sanitari, addetti alla cura di complesse malattie, esercitano il loro diritto, sancito anche dal codice deontologico dei medici della comunità europea, di rispettare la vita, l’autonomia morale e la libera scelta del paziente. Attuando così una serie di azioni, o più spesso inazioni, volte a produrre l’eutanasia. Senza alcuna regola scritta. Per questo si batté nel 1984 Loris Fortuna, socialista radicale, che produsse la prima proposta di legge in materia, seguito poi solo nel 1999 da cinque deputati dell’Ulivo, con la proposta 5673. Nel 2000 seguirono i verdi Manconi, Pettinato e Carella, con due disegni di legge, il numero 4694 e il 4718, seguiti nel 2001 dai Radicali.in risposta alla legge promulgata durante il dicastero del ministro Veronesi nell’agosto dello stesso anno. Apparirebbe quindi strano se, dall’area di sinistra dell’Unione, non dovesse giungere quel forte appoggio alla nuova area socialista e radicale, che oggi propone di mettere all’ordine del giorno dei lavori programmatici la legalizzazione, cioè la normazione dell’esistente, dell’eutanasia. A meno che non prevalgano le alleanze vaticane presenti nell’Unione, spesso corroborate stranamente da posizioni titubanti dell’estrema sinistra bertinottiana. Attenderemo di vedere se l’incoerenza dell’ignavia, anche stavolta, prenderà il sopravvento.