Libera circolazione dei servizi, dibattito sempre più teso   

Quali sono le forze contrapposte che tendono a comprimere il ruolo di un’Europa unità e libera? Lo si comprende bene nella querelle scatenata dalla discussione sulla direttiva “Bolkestein”, dal nome dell’ex commissario europeo che la propose l’anno scorso e che, approvata a fine novembre, dovrà essere ratificata dal parlamento europeo a gennaio 2006. La proposta originale è di semplice e interessante lettura, reperibile sul sito della commissione europea. Partendo dai principi di Lisbona, secondo cui fare dell’Unione europea entro il 2010 l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, la direttiva pone un obiettivo semplice: “quello di stabilire un quadro giuridico che elimini gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri e che garantisca a prestatori e destinatari dei servizi la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del trattato”. L’opposizione maggiore punta il dito sul "principio del Paese di origine", secondo il quale per il lavoratore di un’impresa dei servizi varrebbero le leggi e le regole del paese in cui è stabilita la casa madre. Perché, specie secondo l’estrema sinistra, questo consentirebbe di violare la tutela dei diritti del lavoratore. Ma perché, in qualche Stato europeo la situazione è così catastrofica, o imprenditorialmente vantaggiosa, che forse converrebbe far risiedere lì la sede centrale? Forse che il nostro art.18 potrebbe essere eluso? Pur non parteggiando per il liberismo sfrenato, è evidente che la direttiva Bolkestein favorisce una discussione paneuropea sulle diverse regolamentazioni del mondo del lavoro e delle professioni, che se non si renderanno omogenee non daranno mai luogo alla vera unità. La direttiva predilige la tutela del consumatore alla tutela del protezionismo sociale di vecchia memoria, e questo può aprire scenari di concorrenza produttori solo di maggiore convenienza per tutti. Certo, all’interno di un percorso di equilibri da costruire, ma perché rinunciarvi? Se non per favorire chi immagina di avere, nell’Europa unita, un invalicabile ostacolo per le egemonie globali.