Clausola di salvaguardia   

Sebbene non sia l’imposizione di un dazio la via per competere con un paese esterno, pare che questa strada dovrà essere presto percorsa per i beni del settore tessile tra Cina ed Europa. E forse non solo per il tessile, di cui l’area mediterranea è comunque la zona più danneggiata dall’import selvaggio. Questo fatto apre un interessante scenario di investimento speculativo da cui non si potranno trarre indietro i maggiori capitali. Infatti, per le regole Wto e per la maggior parte dei trattati, sarà necessario attendere almeno un anno dall’avvio della procedura di “early warning” fino alla misurazione di una importazione ritenuta in grado di danneggiare l’intero ciclo produttivo in Europa. Superato questo anno l’industria avrà poi dodici mesi per dare una soluzione alle proprie carenze competitive, superati i quali si ritorna alla deregulation nelle quote, come imposto dalle regole della organizzazione mondiale per il commercio. Si tratterà cioè di applicare la cosiddetta clausola di salvaguardia, utilizzabile da un paese quando un trattato internazionale può provocarne disagi commerciali ed economici. Premettendo che questa clausola, per il tessile, potrà essere invocata fino al 31 dicembre 2008. Risulta evidente che conviene a chiunque partecipare al gioco già disegnato, provvedendo a effettuare massicce scorte in Europa di articoli importati dalla Cina da qui a dodici mesi, accumulando beni rivendibili poi nell’arco dei dodici mesi successivi, periodo in cui dovrebbe vigere il dazio, che si trasforma così in un plusvalore che ben ripaga l’onere finanziario. Realizzando così due benefici economici: il primo nel trarre enorme vantaggio e profitto dalla vendita di beni acquistati precedentemente all’applicazione di un costo virtuale, il dazio, di cui invece soffrirà il mercato. Il secondo beneficio sarà quello di contribuire ad accelerare i tempi in cui si vengano a verificare le condizioni per avviare effettivamente la procedura di dazio aggiuntivo, riducendo così i tempi di immobilizzo. Un vortice esponenziale in cui l’abilità dovrà essere quella di individuare quei beni che non rischiano la stagionalità o la moda, come invece spesso accade nel tessile. Un buon suggerimento potrebbe essere quello di sposare la vecchia teoria di Benetton di acquisire capi o tessuti bianchi, da tinteggiare e assemblare in un secondo momento. Creando così le premesse per sfruttare poi la mano d’opera e l’industria propria, certamente avvantaggiata da leggi e norme che facilitino il raggiungimento di un buon livello competitivo con il paese su cui vengono imposti, temporaneamente, i dazi. Importando per tempo macchine e strumentazioni industriali da far funzionare da li a poco a pieno regime. Potrà apparire antietico, ma è quello che comunque accadrà per quei capitali retti dalle leggi del mercato e del profitto, più che dell’etica, come potrebbe anche apparire corretto nel vecchio modo di vedere il capitalismo. Profitti certi ma immagine bassa: peccato che l’immagine sia l’anima del commercio.