Deriva e timone   

Gianfranco Fini riesce a compiere spesso azioni che sono le uniche in grado di permettere alla destra, e quindi al Paese, di evolvere e di separarsi, non tanto dai pregiudizi inevitabili che per decenni si è tirata dietro, per l’eredità fascista a cui ha fatto riferimento, ma ancor più dalla patina di obsolescenza politica a cui involuzioni culturali l’hanno spesso relegata. Disegnando un percorso di avvicinamento, alle maggiori democrazie occidentali, di una nazione che, dal dopoguerra alla fine del secolo, si è trovata compressa tra Cia e Kgb e dalla ingerenza del Vaticano in ogni azione politica. Nel tentativo, poi ben riuscito, di proporre un costante mantenimento del potere da parte di chi poteva garantire una stabilità nei patti atlantici insieme al calmieramento delle istanze scaturite negli anni ’60 da parte di una gioventù che aveva bisogno di svestirsi dal manicheismo del secolo precedente e dalla censura mentale attuata in nome di valori resi sacri dal clero, in barba all’illuminismo e alla modernità. Gianfranco Fini, dichiarando di andare a votare ai referendum del prossimo 12 e 13 giugno, e dichiarando di votare tre volte sì, si dimostra il leader coerente capace di reggere la barra verso quella direzione percorsa con la condanna degli errori del fascismo, con la condanna delle leggi razziali e con la sua visita ad Israele. Distinguendo tra il semplice dare libertà di coscienza ai propri elettori dalla personale onesta espressione della propria posizione rispetto alla scelta di votare per l’abrogazione di una legge che è passata in parlamento con una maggioranza risicata e costruita su diktat interni ai partiti pilotati da santa romana chiesa. Diktat che hanno ignorato la speranza di procreare di tante famiglie e che hanno cancellato la speranza di milioni di malati, in controtendenza rispetto alla maggioranza dei paesi sviluppati e democratici. Se Rocco Bottiglione arriva a definire “stupidi o traditori” i cattolici che segneranno il proprio voto, ignorando il poco conciliare invito del cardinale Ruini all’astensione, ci si rende conto di come il fronte cattoilliberale abbia poca speranza di ottenere il risultato ambito, rispedendosi il boomerang che trasporta anche le istanze dei cattolici americani, che in primo piano pongono il problema dei turbamenti psichici a cui sono sottoposti i preti costretti al voto di castità. Auspicare un sincero e palese matrimonio e accettare la possibilità di avere figli, per gli uomini del clero, rappresenterebbe una decisa coerenza verso i tanto propugnati valori di famiglia e amore. La posizione di Fini rappresenta invece la possibilità di condurre il paese verso una vera democrazia, che veda contrapposte due forze diverse e non sovrapponibili, come oggi accade per larga parte dei due poli, in particolare cancellando ogni valenza delle religioni nelle scelte che invece si compiono nel governare, o nel proporsi di farlo. Una destra che divenga capace di ampliare le proprie valenze culturali potrà fare solo del bene anche alla stessa sinistra, che in un vero sistema bipolare potrà così confrontarsi su valori e ideologie non resi soporiferi dal semplicistico occuparsi dei cosiddetti moderati centristi, che non essendo legati alla contrapposizione della Politica ricordano i disvalori dell’Uomo Qualunque e appaiono palesemente connessi alla sola ambizione dell’occupazione del potere.