Europa, libertà di ricerca da riconquistare   

La scelta del Ministro Fabio Mussi di ritirare la propria adesione a una dichiarazione etica a livello europeo per impedire la ricerca sulle cellule staminali è un importante passo del nuovo governo italiano per riaprire, a livello internazionale, una parte fondamentale della competitività scientifica dell’Italia e dell’Unione Europea. Non sfugge infatti, agli esperti del settore, il grande apporto dato alla genetica dai ricercatori italiani negli ultimi decenni, così come è noto quanto siano progrediti i nostri studi, fino all’abominio della Legge 40 che proibisce la ricerca in Italia sulle cellule staminali embrionali. In vista della prossima assemblea plenaria di Strasburgo, è stata avviata la raccolta di firme ad una petizione, reperibile sul sito internet www.freedomofresearch.org , che chiede in sostanza che il 7° Programma quadro per la ricerca confermi la possibilità di finanziare (quantomeno) progetti di ricerca sulle cellule staminali derivate da embrioni soprannumerari e che sia estesa la finanziabilità ai progetti di ricerca che utilizzano la tecnica del trasferimento del nucleo cellulare (impropriamente detta "clonazione terapeutica"). L’importanza della presa di posizione di Fabio Mussi risiede nella revisione critica di quei momenti ostativi alla libertà di ricerca che hanno penalizzato il nostro Paese nella competizione internazionale tesa alla ricerca di cure per decine di milioni di malati. Opposizione che si deve anche considerare alla luce del mutamento che tali ricerche imporranno al mercato della industrie farmaceutiche, trattandosi di cure basate su sistemi nanochirurgici, come il trasferimento del nucleo cellulare, contro la drammatica bouffe di pillole a cui sono costretti diabetici, malati del sistema cardiocircolatorio e di quello nervoso. Negare questa speranza è la più grande violazione etica che si possa compiere verso l’intera umanità. E negarla solo in alcuni paesi, e tra questi pochi l’Italia, li costringerà a sottostare al giogo dei brevetti internazionali, continuando a comportare aggravi di spese per il sistema sanitario nazionale, oltre che a confinare in un canto quei ricercatori che sono così costretti a cedere la loro esperienza, il loro intelletto e gli investimenti fin qui effettuati, a paesi stranieri, contribuendo a determinare un consolidamento di quella fuga di cervelli che già tanto patiamo.