Minacce a suon di moneta   

Che sia data a tutti la facoltà di cambiare idea e posizione politica è un’ovvietà irrinunciabile, come ci hanno insegnato Giuliano Ferrara e i tanti transfughi postelettorali. Ma leggere la perorazione di Giulio Tremonti tenuta il 18 febbraio 1999 alla Oxford Union per chiedere alla Gran Bretagna di entrare nell’euro, è illuminante di come alcune posizioni politiche vengano cavalcate con fini che non sono quelli immediatamente dichiarati. Il discorso andrebbe letto integralmente, ma vale la pena di riportarne alcuni passaggi. “…Non drammatizziamo. L’euro è solo una moneta. …” e aggiunge “Il vostro Paese ha in realtà davanti a sé quattro opzioni: a) realizzare la formula "glocal". Un forte fondamento locale, con sopra niente, se non il mondo. Così realizzando l’utopia post-moderna della società globale universale; b) cadere nella "sindrome svizzera". Senza il supporto di una conveniente "joint-venture" con la criminalità; c) rovesciare la sua storia, diventando una colonia americana; d) essere coerente con la sua funzione storica. La "formula politica" del Trattato di Maastricht era: inflazione-governi conservatori. Ora il "set" si è rovesciato: deflazione-governi laburisti. Ma il "Patto di stabilità" è forte. E le politiche socialiste non sono radicali. Ciò che brilla, nelle teste dei primi ministri europei continentali sono infatti, più dei cervelli, le tinture per capelli…” e infine “…In questo contesto, se ci fosse domanda (…), il capitale a basso costo sarebbe utilizzato per finanziare investimenti in macchine a bassa intensità di lavoro o all’estero, dove il lavoro costa poco ed è deregolamentato. Ma nulla impedisce ed anzi tutto spinge, in Europa, verso una riduzione delle vecchie ossificate strutture del "Welfare-State" e verso una "rivoluzione legale": un nuovo from status to contract, meno contrat sociale e più contrat privé”. Quindi Tremonti appoggiava apertamente le tematiche di modifica strutturale in senso liberista che imponeva l’euro, consapevole di affascinare i britannici, e avvalorando proprio quelle preoccupazioni sui riflessi sociali dell’Europa unita, che sono il vero motivo del voto francese, preoccupato più dell’invasione nei servizi dei lavoratori dei paesi dell’allargamento e della perdita per direttiva delle garanzie sociali, che delle motivazioni addotte dagli euroscettici di maniera. Finché non vi sarà consapevolezza del ruolo specifico dell’Europa unita in campo politico e militare, continuando ad assistere ad un’Europa dei banchieri, non saranno visibili neanche le ripercussioni che ci saranno in ambito Nato e nella gestione della drammatica stretta nella crisi petrolifera alle porte. Petrolio che è padre di ogni atto dei nostri giorni, che pareva fosse in via di estinzione alla fine degli anni ’70 e che continua a schiacciare la ricchezza e le possibilità di sviluppo insite nelle grandi riserve di gas metano a nostra disposizione, offuscate da sogni nucleari ed eolici. Riserve costate la vita ad Enrico Mattei e contro cui si scatenano le politiche del dollaro, che necessita di un euro forte, e del prezzo del greggio, che presto arriverà alla folle soglia degli 80 dollari a barile. E qualcuno si permette di scaricare le proprie responsabilità di incapacità gestionale sulla nostra presenza nell’euro!